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L’esperimento coloniale (fallito) di Ferdinando de Medici
1 marzo 2019

Dopo la pace di Cateau Cambresis del 1559, che aveva posto fine al conflitto tra gli Asburgo di Spagna e Austria contro la Francia, si venne a costituire un nuovo equilibrio sulla penisola italiana. Le mire espansionistiche francesi, che ambivano ad imporre la loro egemonia sulla penisola fin dal 1494, ebbero così fine. I francesi dovettero abbandonare tutti i loro possedimenti italiani e sgomberare il campo agli spagnoli, i quali, direttamente o indirettamente, la controllarono quasi per intero.

Il sud, con le isole di Sicilia e Sardegna, era completamente sotto influenza spagnola e vi rimase fino al XVIII secolo. Ugualmente anche il Ducato di Milano era stato annesso alla monarchia iberica. Rimanevano indipendenti, seppur sotto una lieve influenza residua di Parigi, il Marchesato di Saluzzo e il Ducato di Savoia. La Repubblica di Venezia, sebbene attaccata sotto tutti i fronti durante i sei decenni precedenti, mantenne tutti i suoi possedimenti marittimi e terrestri e rimase sostanzialmente neutrale. Da allora, però, le sue possibilità di espansione erano finite, e rimase sulla difensiva contro i potenti imperi della Casa d’Austria e della Sublime Porta, che pian piano rosicchiarono i suoi domini nei due secoli successivi. Lo Stato della Chiesa, invece, anche a causa della riforma protestante, si ritrovò sempre più legato all’influenza spagnola. Stessa sorte sembrava destinata anche al Ducato di Toscana ma questi, grazie all’abilità dei suoi primi Granduchi, riuscì a ritagliarsi per almeno un secolo uno spazio importante nell’economia delle relazioni geopolitiche del tempo.

Uno dei sovrani senz’altro più lungimiranti fu Ferdinando I, quinto figlio maschio di Cosimo de Medici ed Eleonora di Toledo. Divenne cardinale all’età di 13 anni e tolse la porpora solo quando convolò a nozze con Cristina di Lorena nel 1589. Si distinse subito come abile uomo di Stato e stratega, curando i rapporti diplomatici del Ducato in modo tale da mantenere la sua autonomia politica. Spalleggiò le campagne di Felipe III e quelle del Sacro Romano Impero, combattendo assieme alle loro forze navali contro i pirati algerini e i turchi ottomani. Allo stesso tempo, però, cercò di mantenere un buon rapporto anche con Henry IV di Francia.

Tutte queste relazioni diplomatiche si inserirono nell’ambizioso progetto da parte del Granduca di rendere Firenze militarmente ed economicamente indipendente dalle altre potenze. In politica interna, inoltre, diede particolare impulso alle arti: durante il suo periodo di reggenza è ben noto il mecenatismo alla sua corte, che incoraggiava la costruzione di notevoli opere pubbliche. Promosse una riforma fiscale che incoraggiò i traffici commerciali e riorganizzò l’apparato burocratico. Notevole fu lo sviluppo del porto franco di Livorno, che divenne un rifugio sicuro per esuli ed espulsi da Spagna e Inghilterra in quei turbolenti anni di lotte di fazione e religiose. È proprio da questo periodo che Livorno divenne un importante centro marittimo ed economico, punto di approdo di genti dalle più diverse culture nel Ducato. La città si trasformò in breve tempo da piccolo centro di provincia ad uno dei più importanti snodi portuali del Mediterraneo.

La sua ambizione massima, però, è quasi totalmente sconosciuta ai più: la creazione di un impero coloniale di là dell’Atlantico. Per la bisogna assunse un capitano inglese, Robert Thornton, a cui affidò il compito di fondare una colonia nelle Americhe. Thornton era un ufficiale di marina con un passato da corsaro, che fu costretto ad abbandonare l’Inghilterra a causa delle persecuzioni religiose che imperversavano durante quel periodo. Era la medesima sorte subita anche dal navigatore Robert Dudley, celebre studioso e cartografo, stimatissimo dal Granduca, autore del primo atlante marittimo a stampa pubblicato nel 1646 con il titolo “Dell’Arcano del Mare”.

I due furono la mente e il braccio del progetto coloniale di Ferdinando, il quale era fortemente interessato alla creazione di una colonia per assicurare futuri possedimenti oltre confine per i figli. Il progetto iniziale, però, non prevedeva una missione in Sudamerica. Il Granduca tentò, attraverso le sue abilità diplomatiche, di ottenere un possedimento in Africa, soprattutto per i minori costi che l’operazione avrebbe comportato.

I re dei mari del tempo, prima dell’avvento di Inghilterra, Olanda e Francia come potenze coloniali, erano la Spagna e il Portogallo. Questi ultimi, in particolare, furono i primi a costruire avamposti commerciali che permisero loro il controllo costante dei mercati e il predominio sulle rotte dell’Atlantico. Nel 1494 il Trattato di Tordesillas, sancito con la bolla papale Inter Caetera da Alessandro VI Borgia, divise sostanzialmente il mondo extraeuropeo in un duopolio gestito da Lisbona e da Toledo (poi Madrid).

I suoi interlocutori erano molto riluttanti, nonostante i favori e il sostegno militare ed economico che Ferdinando aveva garantito loro in quegli anni. Questo perché, a livello geopolitico, il Granducato di Toscana poco poteva offrire a delle potenze che controllavano per mari e per terra il mondo.

Spagna e Portogallo erano due imperi sostanzialmente differenti. Il primo aveva impostato una politica coloniale aggressiva, fondata sulla conquista militare e sullo sfruttamento massiccio dei giacimenti di risorse economiche che garantivano lucrosi proventi alla Corona spagnola. I Portoghesi incentravano la loro forza, invece, su di un impero commerciale imponente, con la fondazione di avamposti strategici sulle coste africane e indiane. Furono i primi ad entrare in contatto con i giapponesi e scalzarono i veneziani nel commercio delle spezie, beni di lusso tra i più pregiati per la società dell’epoca.

A Ferdinando non restava che trovare un territorio ancora libero dall’influenza di qualcun altro, in cui poter finalmente dar vita al proprio progetto coloniale. La soluzione ricadde quindi al di là dell’Atlantico. È bene sottolineare che non tutti i progetti di colonizzazione andavano a buon fine: i costi da sostenere per le navi, le infrastrutture e il pagamento dell’equipaggio erano spesso insostenibili, e non sempre gli investimenti davano buoni frutti. Bisogna considerare che nel mezzo di una traversata atlantica i pericoli da fronteggiare erano notevoli: tempeste, carenze di cibo, malattie, attacchi di navi pirata. Inoltre, una volta acquisita militarmente la colonia, questa necessitava di forza lavoro e di ingenti risorse per i coloni, i quali dovevano contribuire alla crescita della stessa. Ferdinando, però, credeva tantissimo nel suo progetto e l’idea di creare un possedimento coloniale extra italiano lo stuzzicava, soprattutto per la possibilità di rendere il suo dominio

una potenza economica e militare al pari di quelle spagnola e portoghese. La scelta ricadde su un territorio riconducibile a quello dell’odierna Guyana, poi diventata francese. L’idea originaria era quella di impiantarvi coloni provenienti da Lucca e Livorno.

Dudley aveva già visitato l’Amazzonia nel 1595 e il progetto di Ferdinando divenne realtà quando nel 1608 ordinò di armare una caravella e di organizzare una spedizione nel Brasile settentrionale e nella Guyana che partì da Livorno. Insieme a Thornton decisero di visitare l’area del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco, alla ricerca di oro. L’obiettivo, almeno inizialmente, era quello di fondare un avamposto commerciale da base per le future spedizioni. A bordo del galeone Santa Lucia navigarono per conto di Ferdinando per quasi un anno, facendo tappa a Trinidad e alla Caienna.

Thornton rientrò a Firenze il 7 febbraio dell’anno seguente, con a bordo animali tropicali e qualche aborigeno locale. Sfortunatamente, però, Ferdinando era morto qualche mese prima del suo arrivo e il navigatore inglese non ebbe mai il piacere di riferire al Granduca al riguardo le sue scoperte. Gli successe Cosimo II de Medici, che decise di non dare seguito agli investimenti coloniali del suo predecessore.

La situazione geopolitica divenne ancora più pressante e il Granducato tentò di destreggiarsi con varie difficoltà all’interno del mosaico di schieramenti che si fronteggiavano per l’egemonia sull’Europa: per il bilancio statale diventava impossibile investire così tante risorse per l’espansione coloniale. Da lì in avanti, la priorità sarebbe sempre stata quella della difesa dei confini nazionali e dell’investimento in politica interna.

Se Ferdinando fosse stato ancora vivo, forse sarebbe stata veramente fondata una colonia toscana nel cuore del Sudamerica. In tal caso, oggi, forse avremmo avuto in Guyana uno Stato di origine, lingua e cultura italiana. Ma questa idea era tenuta in vita solo dalla volontà e dall’intuizione di un uomo e, una volta che questi fu scomparso, l’ambizioso progetto non vide mai la luce.

Antonio Quaranta

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Geopolitica  / Storia

Alberto Massaiu

2 Comments


Storia della spedizione Thornton - Polimathes
2 August 2020 at 12:44
Reply

[…] L’esperimento coloniale (fallito) di Ferdinando de Medici (Alberto Massaiu) […]



Storia della spedizione Thornton - LaNostraStoria
13 January 2021 at 16:47
Reply

[…] L’esperimento coloniale (fallito) di Ferdinando de Medici (Alberto Massaiu) […]



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