Buongiorno a tutti. Chi mi segue fin dal principio saprà che il primo articolo di questo blog è nato proprio a causa di un referendum (quello scozzese) e anche questa volta mi rifarò ad un referendum (quello greco) per trattare sempre di politica europea, di storia e di geopolitica.
Il 5 luglio un intero popolo sarà chiamato alle urne per decidere il suo destino. Alcuni suoi leader sono divisi e non sembrano avere le idee molto chiare, basta vedere Alexis Tsipras, che favoleggia un “no” alla Troika e alla Germania della Merkel col contemporaneo mantenimento dell’Euro, ma senza più austerity (tanto possibile quanto un asino che vola). Altri ancora (come i vecchi partiti tradizionali di Nea Dimokratia e Pasok, causa del disastro economico greco) sono molto chiari e optano per il “si”, non perché abbiano idee in merito, ma solo perché sono succubi delle decisioni delle grandi banche e istituzioni comunitarie.
Come è avvenuto nel caso del referendum scozzese, una marea di voci tra la stampa, i grandi del mondo, i banchieri e molti politici (compreso il nostro Renzi) dipingono un affresco da Armageddon in caso di abbandono dell’Euro e dell’Europa da parte della Grecia. Torneranno alla Dracma! Moriranno di fame! Saranno tagliati fuori dal mondo civilizzato! E via dicendo…
Ora è normale che debbano dire così. Il sogno europeo e globalizzato, visione unica e sola che questi signori possono concepire senza alternativa alcuna (manco fossimo in una teocrazia europea), scricchiola ormai da anni, mostrando tutte le sue pecche e mancanze. L’Europa di popoli sognata sessant’anni fa da alcuni grandi uomini politici non è mai esistita.
E’ sempre stata un qualcosa di economico, commerciale e in ultimo finanziario, non avvicinando mai le culture dei cittadini che ne fanno parte. Basti pensare che il primo nucleo di istituzioni comunitarie sono state la CECA, la Comunità del carbone e dell’acciaio, non guidata dalla ricerca di valori comuni, bensì dall’interesse economico dei banchieri e industriali francesi e tedeschi, timorosi di doversi ancora azzuffare per il possesso dell’Alsazia-Lorena o della Ruhr.
Visto che stiamo parlando di storia, vorrei lanciarvi un bello spunto di riflessione a proposito di creditori e debitori. Le crisi del debito degli Stati moderni sono state già affrontate in passato, in seguito ad episodi ben più tragici degli attuali. Tra il 1919 e il 1945 la Germania, sconfitta in ben due conflitti mondiali e la seconda volta rasa quasi al suolo, oltre che spezzettata in tante parti, aveva uno stratosferico debito con gli alleati.
Vi erano tanti paesi che vantavano crediti immensi con il paese che ora risulta tanto inflessibile nel richiedere quanto gli è dovuto, eppure i tedeschi dimenticano che nel 1953 venne siglato ad hoc una accordo sul debito, a Londra.
Il 27 febbraio gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Francia, la Grecia (ops!), la Spagna (ri-ops!) e il Pakistan decisero di abbonare 15 miliardi sui 30 di Deutschmarks dovuti, in modo da far ripartire l’economia della Germania Ovest. Negli anni successivi altri paesi si unirono a quest’atto di generosità, come l’Egitto, l’Argentina (ri-ri-ops!) e altri staterelli africani e del sud-est asiatico.
Grazie all’abbonamento dell’immenso debito la Germania poté concentrarsi sulla sua ricostruzione, avviando un vero e proprio miracolo economico che l’ha caratterizzata fino ad oggi, dove è la maggiore e più florida economia europea. Ma tutto questo fu possibile perché gli stati vincitori si mostrarono accondiscendenti alle implorazioni d’aiuto dei delegati tedeschi, nonostante fossero il popolo che aveva scatenato l’ultimo grande conflitto globale, che aveva portato ad oltre 60 milioni di morti.
Certo, mi direte voi, all’epoca l’avidità dei creditori venne temperata dalla paura dell’espansione comunista. La Germania Ovest doveva rimanere forte, stabile e soprattutto capitalista! Se ci riflettete un attimo i grandi poteri finanziari sono diventati più intransigenti proprio da quando lo spauracchio sovietico si è fatto meno incombente e minaccioso (più o meno dagli anni ’80, quando il presidente americano Reagan lanciò la sfida che fece collassare lo storico avversario russo).
Negli anni del predominio incontrastato USA – ’80 e ’90 – le crisi di debito sono tutte giunte a fatali epiloghi come bancarotte e destabilizzazioni, a causa della sorda e cieca ingordigia delle istituzioni globali che in teoria erano nate proprio per aiutare i paesi in difficoltà, come il Fondo Monetario Internazionale (FMI).
Ricordo infine che in tutte queste crisi in America Latina – basti pensare ai tanti crack argentini -, Africa, Russia e ora Europa con Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e se non stiamo attenti anche Italia, la Germania era dalla parte dei creditori.
Totalmente dimentica della sua storia passata e anche delle più basilari regole di economia – se fai l’austerità come puoi rilanciare l’economia in modo che lo Stato greco si rimetta in carreggiata? Se porti l’IVA sugli alberghi e simili dal 13% al 23 o al 30%, spezzando la schiena all’unico settore veramente sano del paese, come speri che trovi i soldi per ripagare i debiti? – e di civiltà – come puoi chiedere di saldare degli interessi sul debito di grandi colossi bancari e finanziari (che di soldi ne hanno già tanti) al prezzo di mettere alla fame un’intera popolazione? -.
La risposta è a mio parere una sola: la Grecia è quell’esperimento sociale fallito con l’Irlanda qualche anno fa. Il FMI e la BCE (la Banca Centrale Europea) vogliono vedere fino a quanto possono tirare il filo, estorcendo come strozzini tutto il denaro possibile, dissanguando un paese per poi ricomprarlo a prezzi stracciati.
Eppure un rischio per questi signori c’è. Questo rischio si chiama BRICS e soprattutto Russia e Cina. Loro sono l’alternativa, ancora non sappiamo se migliore o peggiore, ma presto i greci disperati potrebbero iniziare a trovarla allettante, rispetto a questo sogno europeo in mille pezzi, fatto d’ingordigia e prevaricazione.
La Russia non vede l’ora di rendere pan per focaccia ai colpi che Nato ed Europa le hanno rifilato in Georgia – nel 2008 – e ora in Ucraina, dove hanno cercato di sottrarle due zone di sua esclusiva pertinenza. A chi ora dirà che tutti gli Stati sono sovrani e dovrebbero esser liberi di entrare in relazione con chi vogliono, ricordo loro cosa hanno fatto gli Stati Uniti nel loro cortile di casa tra Cuba, Nicaragua, Portorico e Panama, per non parlare del loro ruolo di gendarme mai richiesto di mezzo mondo, dove hanno stanziate flotte, basi militari, decine di migliaia di soldati e testate nucleari.
La Russia, che col il suo leader Vladimir Putin ha riscoperto la fede ortodossa, è culturalmente e religiosamente vicina alla Grecia come un tempo lo era lo Zar. Una Russia ortodossa può sfruttare questo piede di porco per tornare nella sua zona d’influenza balcanica, zeppa di possibili alleati tra serbi, montenegrini, bulgari, valacchi, romeni e moldavi. A questo punto il gioco che la Nato ha tentato di fare a Kiev le verrebbe rivolto contro, con la Turchia che sarebbe tagliata fuori da un asse Mosca-Atene basata sull’ancestrale passato legato alla comune radice bizantina e rafforzato dagli aiuti economici che sono sicuro Putin ha già ventilato ai greci.
La Germania sta aspettando, ha congelato tutte le trattative col governo greco fino al referendum, per mettere ancor più sotto pressione la leadership di Alexis Tsipras, che fin dal suo insediamento non è parsa molto coraggiosa o coerente. Il primo ministro rimbalza tra i diktat della BCE e del FMI, propone al popolo di dire la sua sull’austerità ma annuncia che tenterà di rimanere nell’Euro anche con un secco “no”, sicuro di poter rinegoziare con i grandi creditori.
Sono tutti messaggi contraddittori che manifestano una grande paura e poca risolutezza. Ha fatto da protagonista al classico gioco del cerino, con avversari molto più scafati di lui e rischia di rimanere il solo a tenerlo in mano per scottarsi le dita. Trascinando il paese con sé.
Ora è tempo di scelte, non ho la sfera di cristallo e non so cosa andrà ad accadere da oggi a lunedì. Certo, la situazione sembra quella della classica polveriera pronta ad esplodere e se anche Tsipras fallirà, magari facendo sprofondare ancora di più la Grecia nel caos e nella crisi economica più nera, condendola con ulteriore austerity, sarà giunto il tempo dei neonazisti della Chrysi Avgi – l’Alba Dorata – e allora non sarà più tempo di chiacchiere.
Io faccio solo un piccolo paragone storico, per chiudere: nelle elezioni tedesche del 1928 il partito di Hitler prese solo il 2,6%, con 12 seggi al Reichstag; dopo il crollo della borsa del 1929 e la seguente linea dura dei creditori internazionali per i debiti del primo conflitto mondiale i nazisti, in quelle del 1930, presero il 18,3%, diventando il secondo partito del paese con 107 seggi. Il resto, come si suole dire, è storia…
Non c’è che una soluzione fattuale: tutti i paesi che hanno contratto dei debiti, anche legittimi a stretto rigore di logica, devono vedersi condonati gli interessi che hanno raggiunto livelli ingiusti e intollerabili. Tali paesi, senza più debito, al contempo non potranno contrarre nuovi prestiti per diversi anni e si dovranno far bastare le sole entrate fiscali che, finalmente libere dall’onere di pagare interessi alla finanza e alle banche internazionali, le utilizzeranno per scopi pubblici e nazionali. Questo deve diventare la fine di una globalizzazione sclerotica e folle, che scambia la ricchezza generata dalla speculazione con quella reale, basata sul lavoro materiale delle persone.
Il debito greco, grazie all’austerità non è sceso, bensì salito dal 133% al 174% del PIL, mentre i salari minimi sono calati del 25%, la disoccupazione giovanile è salita al 50% e oltre il 20% della popolazione si trova oltre la soglia della povertà stabilita per i paesi del primo mondo. Come ci raccontano le fredde cifre la politica europea e internazionale condanna a morte la gente per arricchire pochi grandi colossi finanziari. E’ tempo di finirla e spero che un “no” forte, che proviene dal paese che fu la culla della nostra civiltà occidentale, faccia aprire gli occhi su questa verità anche da noi.
Alberto Massaiu
2 Comments
Mi piacerebbe leggere un suo nuovo commento, a distanza di un anno, sulla situazione greca ed europea. Nessuno parla più di Grecia e di Greci, come se fossero stati inghiottiti in un buco nero. Quali prospettive dal rinato asse Russia-Turchia?
Salve Andrea, in effetti ha ragione e un nuovo articolo che affronta la questione può risultare utile. Le anticipo che, a mia personalissima opinione, il fenomeno di Europa no (= catastrofe) e Europa si (= unica salvezza, per quanto carica di sofferte decisioni) è solo un fenomeno di influenza mediatica, volto a mantenere equilibri di potere e ricchezza di forti lobby con la paura